Giannitelli, Lamberto

Tipologia Persona
II Congresso nazionale FISMIC
II Congresso nazionale FISMIC

Date di esistenza

Luogo di nascita
Roma
Data di nascita
16/03/1893
Luogo di morte
Roma
Data di morte
1974

Biografia / Storia

Lamberto Giannitelli nasce a Roma il 16 marzo del 1893; a soli 18 anni, terminati gli studi di ragioneria, nel 1911 inizia la sua attività di organizzatore sindacale partecipando alla fase di formazione del movimento sindacale cristiano, caratterizzata dal moltiplicarsi delle iniziative associative di categoria, nel tentativo di superare attraverso l’organizzazione nazionale le tendenze localistiche e nella ricerca di una sia pur cauta autonomia dagli organi ufficiali del Movimento Cattolico. Dapprima impegnato all’interno dell’’Ufficio Studi e Ufficio Stampa dell’Unione Popolare tra i cattolici d’Italia, promosse in seguito nel 1913, con Sacco, Sturzo, Tupini ed altri, la società editrice "Il vaglio", che si prefiggeva di fare dell’omonimo settimanale un organo di coordinamento del sindacalismo cristiano. Durante la sua partecipazione ad un convegno tenuto a Soresina nel 1914, si distinse per il fervore dando vita alla costituzione di una Federazione terziari e piccoli affittuari, braccianti e giornalieri, e ne divenne membro del comitato direttivo provvisorio. Fu tra i cattolici che si opposero all’intervento dell’Italia nel primo conflitto mondiale, convinto che la guerra avrebbe portato solo lutti e accresciuta indigenza alle classi meno abbienti e ai lavoratori. Terminato il conflitto, divenne dirigente dell’Unione del lavoro di Roma, promotore di leghe contadine nelle Marche, membro del segretariato della Federazione nazionale mezzadri e piccoli affittuari e della Confederazione mutualità e assicurazioni sociali. Queste ultime cariche le condivise con Giovan Battista Valente, del quale seguì sempre il modello concettuale di un sindacalismo di marcata ispirazione cristiana, inteso come mezzo tecnico di identificazione e di tutela degli specifici interessi dei lavoratori all’interno di una visione organica del corpo sociale. Nel 1918 partecipò con entusiasmo alla fondazione della Confederazione Italiana dei Lavoratori di cui divenne uno dei massimi esponenti, ne fu membro del Segretariato Generale a Roma ininterrottamente dal 1918 al 1925, offrendo così la continuità del suo impegno ad una struttura confederale non ancora consolidata. Svolse in quel periodo la sua attività nei servizi di studio e documentazione sindacale, dapprima collaboratore dell’Ufficio del Lavoro di Roma, di cui era segretario Umberto Tupini, divenne poi membro del Consiglio superiore del Lavoro e del Consiglio superiore dell’emigrazione; la sua azione sindacale si arricchì di un intensa attività giornalistica come collaboratore e poi, dal 31 luglio 1924, redattore responsabile de "Il domani sociale", organo della CIL. Anche a livello internazionale il suo impegno sindacale si distinse nella qualità di componente del Consiglio Generale della Confederazione Internazionale dei Sindacati Cristiani a Parigi dal 1919 al 1925, e poi membro della delegazione italiana del II congresso internazionale dei sindacati cristiani svoltosi ad Innsbruck dal 21 al 23 giugno 1923, ma già dal 1922 gli era stato affidato l’incarico governativo di consigliere tecnico della delegazione italiana alla IV Conferenza internazionale del lavoro. Con la nascita del Partito Popolare Italiano, nel 1919, Giannitelli si dedicò con fervore all’organizzazione della sezione romana, nella quale confluivano sia i giovani dell’ala sinistra del partito che i più maturi conservatori, in questa contrapposizione Giannitelli si distinse tra i primi per la vivacità con cui riuscì ad imporre la forza delle idee e la propria presenza nella sezione. Per il suo carattere energico, durante il 4 Congresso di Bologna del 1919, al quale partecipò come delegato della sezione romana, prese parte alle discussioni, suscitando spesso polemiche. Anche nel successivo Congresso del Partito, tenutosi a Napoli nel 1920, Giannitelli in qualità di delegato della sezione romana, si oppose alle tesi di Mario Gianturco, contestate dai rappresentanti della sinistra, a cui seguì a firma Bellardi – Giannitelli, un Ordine del giorno sui consigli di fabbrica, la compartecipazione operaia agli utili e sull’azionariato delle industrie: “Il secondo Congresso del partito popolare italiano, riaffermando il proprio programma sociale e i principii informatori dell’o.d.g Grandi e della mozione Vigorelli approvato al I Congresso di Bologna; ritenuto indispensabile per la pacificazione sociale e per la più sollecita realizzazione dei postulati cristiani un pronto intervento dello Stato; invita la direzione del partito, sentite le organizzazioni bianche, a preparare un apposito disegno di legge che disciplini la costituzione dei consigli di fabbrica e la effettiva partecipazione dei lavoratori agli utili e all’azionariato delle relative aziende” . Questo documento trovò un suo riscontro e una conferma nella Relazione di Giannitelli sulla libertà e rappresentanza delle organizzazioni tenuta al I Congresso nazionale della CIL svoltosi a Pisa nel marzo 1920, sul tema Il modo di imporre in Italia la libertà di organizzazione e la proporzionale economica, attraverso la quale espose efficacemente lo stato di fatto in Italia, dove le sole organizzazioni socialiste sono riconosciute e hanno l’appoggio delle autorità e delle classi padronali: “Il Congresso: richiamati i principi di naturale diritto di associazione e di rappresentanza; riafferma la incompetenza dello stato a riconoscere o negare il diritto di organizzazione; confermata la funzione del potere statale nella positiva codificazione del diritto per la determinazione dei limiti e delle sanzioni; esprime la propria disapprovazione per l’indirizzo generale dato alla legislazione italiana in materia di implicita regolamentazione delle associazioni di classe e della rappresentanza relativa; reclama la immediata ricomposizione dei corpi consultivi del lavoro sulla base della rappresentanza proporzionale di tutte le organizzazioni sindacali ed economiche di tutte le organizzazioni sindacali ed economiche di fatto esistenti e realmente efficienti; delibera di promuovere gli studi tecnici giuridici e sociali per tradurre nel sistema del diritto positivo italiano: Lo stato civile delle organizzazioni sindacali; La conciliazione e l’arbitrato; La istituzione di Camere regionali rispettivamente dell’industria, dell’agricoltura, del commercio, con larghe funzioni deliberative per un effettivi decentramento amministrativo; La riforma del Senato su basi prevalentemente di rappresentanza di classe e degli enti locali e dei corpi di cultura; delibera infine di diramare un preciso ordine alle organizzazioni bianche perché con un intensa agitazione popolare volgarizzino ed appoggino i postulati di cui sopra e perché usino con ogni energia verso le organizzazioni rosse, in difesa del principio della libertà sindacale e del diritto del al lavoro, lo stesso trattamento che le rosse usano nei riguardi delle bianche”  . In seguito alle occupazioni delle fabbriche, nel settembre 1920, seguì l’elaborazione di un progetto di legge per l’azionariato operaio, per il controllo della gestione, per la partecipazione agli utili; anche se, il progetto “bianco” non venne preso in considerazione dall’allora governo Giolitti, e che delineò ancora con più forza il solco tra sindacalisti bianchi e sindacalisti rossi, nonostante la minaccia incombente del fascismo che avrebbe colpito entrambi. Al Consiglio nazionale di Genova del 28-30 dicembre 1921, nello svolgere la relazione su "Crisi economica e politica sindacale", Giannitelli si confermò ancora una volta, interprete fedele dei principi dottrinali del sindacalismo cristiano, individuando la causa morale della crisi nell’arbitrio dell’individualismo capitalistico, affermando il principio della diffusione (proletarizzazione) della proprietà, la partecipazione e la gestione sindacale delle aziende e formulando la proposta di una "Costituzione per le libertà sociali" che consentisse la libertà contrattuale e una conseguente giuridicità dei contratti collettivi3 . Nella sua relazione al Consiglio nazionale del 29-31 gennaio 1924 affermò, sia nei confronti del movimento sindacale socialista che del fascismo in ascesa, una netta incompatibilità di principio del sindacalismo. Infatti, lo stesso Giannitelli lo aveva già affermato nella sua relazione su: “L’attività confederale nell’anno 1923” tenuta al Consiglio Superiore della CIL a fine anno: “(le rivalità non si spengono, neppure quando la legislazione fascista si porrà come obiettivo quello di) ‘annullare le numerose e pur preziose conquiste che le organizzazioni operaie avevano ottenuto” . Ma il suo atteggiamento di rigida difesa dei principi lo avrebbe condotto anche a valutazioni non opportune e ad una aperta divergenza con Achille Grandi nel giugno del 1924, allorquando, contrariamente alle disposizioni ricevute dal segretario generale, espresse la opposizione della CIL al breve sciopero di protesta indetto per l’assassinio Matteotti, ritenendolo un atto politico estraneo alla competenza meramente economica del sindacato. Rifuggì tuttavia, a differenza di altri sindacalisti, dallo sbocco corporativo prevalso negli anni del regime fascista; e, visse con Grandi la drammaticità e l’amarezza le vicende che portarono allo scioglimento dell’organizzazione sindacale, non di meno alla sconfessione sostanziale della linea della CIL da parte delle autorità ecclesiastiche. Infatti, già nell’agosto del 1923, recandosi presso la segreteria di Stato Vaticana, per rafforzare l’intesa tra la Confederazione e l’Azione Cattolica, si vide rispondere dall’allora sostituto segretario di Stato, mons. Pizzardo che: “il Santo Padre ha espresso il desiderio di riesaminare tutta la posizione nei riguardi della CIL”, soprattutto su due punti: l’accusa di sinistrismo da parte di molti organizzatori sindacali bianchi e dall’altra l’interdipendenza tra la CIL e il Partito Popolare, che la Santa Sede avrebbe voluto maggiori “garanzie morali necessarie per l’avvenire” da parte degli organizzatori bianchi . Nel periodo che va dallo scioglimento della CIL, nel 1926 alla fine del fascismo, di Giannitelli si perdono le notizie salienti. Visse nella più completa austerità e frugalità, continuando energicamente a spendere ogni sua energia alla causa della libertà nella visione democratica cristiana e popolare, forse mantenendo i suoi contatti oltre frontiera, come riportano le relazioni della Questura di Roma, su Giannitelli, in seguito alla richiesta di rinnovo annuale del passaporto da cui si evince che in quel periodo collabora come giornalista, con l’Osservatore Romano e L’Avvenire. Dal 1927 al 1933, è comunque sotto attenta sorveglianza, in quanto avverso al regime, come si riporta un Appunto per la Divisione Affari Generali e Riservati della Polizia Politica, al Questore di Roma, nel aprile del 1933: “Da fonte fiduciaria viene riferito che il noto ex propagandista popolare Lamberto Giannitelli, residente a Roma (…), continuerebbe a tenere un atteggiamento di netta avversione al Regime” e in calce a penna una nota del Questore aggiunge: “si prega, pertanto, la s.v. di voler disporre riservate indagini sull’attività politica del Giannitelli e riferirne l’esito”. Mentre si svolgeva la fine dell’epilogo della repressione nazi-fascista, tra il mese di ottobre del 1943 e il maggio del 1944, Giannitelli su incarico di Spataro, compì un viaggio nell’Italia Centro settentrionale con l’intento di conoscere gli orientamenti degli italiani all’indomani della fine della guerra: “Con l’Italia Settentrionale abbiamo cercato di mantenere contatti possibili: in principio inviando persone con lettere e istruzioni, successivamente l’amico Giannitelli si è recato tre volte in Alta Italia. Egli è stato a Firenze, a Bologna, a Modena, a Milano, a Torino, a Padova, a Verona, a Cuneo, e in altre città di minore importanza. Egli ha fatto sempre interessanti relazioni, sia dal lato politico, che da quello organizzativo del Partito; così pure nell’organizzazione militare e in quella sindacale” . La relazione dettagliata di Giannitelli, accuratamente redatta regione per regione, dava un quadro ben preciso delle posizioni della DC e degli altri schieramenti politici, relazione che piacque a Spataro e venne molto apprezzata dallo stesso De Gasperi. 
Dopo la liberazione Giannitelli fece parte della Consulta Nazionale, ma soprattutto riprese con intensità la battaglia sindacale insieme a Grandi. Infatti, A partire dal 1943 fu tra i promotori della rinascita del sindacato, fautore dell’unità sindacale, partecipò alla fondazione delle ACLI e fu membro del Comitato direttivo della CGIL unitaria dal 1944 al 1948 come rappresentante della corrente sindacale cristiana. Con la scissione sindacale della corrente cristiana della CGIL, nel 1948 aderì alla LCGIL (Libera Confederazione Generale Italiana del Lavoro) con l’incarico nel Comitato Esecutivo della nuova confederazione (Ufficio Relazioni con l’Estero e Assistenza), sulla base di una radicata convinzione anticomunista; e poi, nel 1950, con la nascita della CISL, fu sempre nel Comitato Esecutivo, alla quale appartenne fino al 1954 in qualità di consigliere nazionale e, per un breve periodo, come responsabile dei rapporti internazionali. Pur costituendo, con la stessa autorevolezza della sua persona, un significativo elemento di continuità tra la CIL e la CISL, non si ritrovò completamente a suo agio; infatti spesso in polemica con la struttura organizzativa e in aperto contrasto con Giulio Pastore fin dalle prime battute delle riunioni del Comito Esecutivo LCGIL8 . Fedele come era all’identità cristiana del sindacato, all’interno della nuova confederazione, tanto che nel 1955 diede vita alla Federazione Italiana Artisti e Professionisti (FISAP); successivamente dal 1958, venne nominato membro del Comitato di Presidenza del I Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.

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